di Sergio Atzeni
Il marchesato di Oristano dal 1410 era in feudo ai Cubello, dopo che Leonardo, ambiguamente, era riuscito a barattare la resa del giudicato di Arborea con i territori dei Campidani di Cabras, Simaxis e Milis, trasformati dagli aragonesi nel “marchesato di Oristano” e dati in feudo, allo stesso Leonardo Cubello.
Nel 1427 il titolo passò poi al figlio Antonio che si dimostrò filoaragonese riuscendo ad ingraziarsi il sovrano Alfonso V che gli concesse di trasmettere il titolo anche ad una eventuale erede femminile.
Gli successe nel 1463 il fratello Salvatore, di spirito avventuroso ed estimatore degli aragonesi con i quali partecipò a varie imprese per terra e per mare.
Nel 1470, Salvatore Cubello morì senza eredi lasciando per testamento il marchesato al nipote, figlio della sorella Benedetta, Leonardo De Alagon. L’ereditarietà era stata infatti concessa dal Re Alfonso V.
Leonardo De Alagon era nato ad Oristano nel 1436 e diventava così il quarto marchese di Oristano.
La dinastia dei Cubello aveva dovuto rinunciare al nome paterno “Arborea” per imposizione aragonese, quando nel 1409 il capostipite Leonardo Cubello aveva funzioni di giudice di Arborea e più tardi aveva acquistato i diritti sul giudicato da Guglielmo IV di Narbona.
Leonardo Cubello quindi fu marchese di Oristano e conte del Goceano, quest’ultimo titolo derivava alla famiglia Arborea per nomina del Re Pietro IV d’Aragona già dal 1339. Benedetta, la madre di Leonardo, aveva sposato Don Artaldo De Alagon y Luna che discendeva anch’esso da Ugone II Bas-Serra, essendo la mamma nipote del grande giudice.
Leonardo Alagon fu subito osteggiato dal Viceré Nicolò Carroz, anch’esso discendente dagli Arborea e non riuscì ad ottenere il consenso di Giovanni II d’Aragona alla successione poiché il Re intendeva incorporare il Marchesato nella Corona e poi concederlo in feudo, proprio al Viceré.
L’odio tra i Cubello e i Carroz risaliva al 1368 quando Berengario Carroz, avo di Nicolò, fu sconfitto da Mariano IV.
Nicolò Carroz si precipitò a Barcellona per avere l’incarico ufficiale di impedire a Leonardo, con qualunque mezzo, di impossessarsi del marchesato.
Ma anche l’Alagon fu autorizzato ad inviare un suo fido a Barcellona con i documenti e le ragioni dei suoi supposti diritti di successione.
Il Re Giovanni II d’Aragona tergiversò e non prese subito alcuna decisione: Nicolò Carroz non volendo attendere ulteriormente, inviò un esercito che occupò Sardara e si diresse verso Uras con l’idea di conquistare Oristano.
Leonardo De Alagon radunato anch’egli un esercito, senza esitazione attaccò al grido “Arborea Arborea” gli aragonesi proprio a Uras e, rinforzato da soldati sardi che disertarono passando dalla sua parte, sconfisse gli iberici che persero anche il loro comandante De Sena visconte di Sanluri; Nicolò Carroz aveva assistito alla disfatta dalle mura del castello di Monreale ed a stento riuscì a raggiungere Castel di Calari. Si trovò allora un accordo dopo vari tentativi, grazie alle pressioni, in favore di Leonardo, di Re Ferdinando I di Napoli che nutriva per lui simpatia; l’intesa prevedeva che Giovanni d’Aragona riconoscesse all’Alagon il marchesato di Oristano e la contea del Goceano con l’obbligo della infeudazione, concedendo amnistia generale e accettando lo scambio dei prigionieri, il tutto sarebbe stato perfezionato dietro versamento di 80.000 fiorini d’oro, 40.000 dei quali Leonardo versò all’atto della firma. In questo modo Giovanni d’Aragona salvava la faccia, concedendo un feudo ad un vassallo a prescindere dal testamento conteso.
Leonardo De Alagon, fu però ancora avversato dal Carroz che cercò con tutti mezzi di ostacolarlo, non rendendo pubblico nell’isola l’accordo raggiunto; l’Alagon di contro non versò il saldo di 40.000 fiorini dovuti.
Il novello marchese di Oristano decise di riprendere la guerra non perché ne fosse costretto ma con l’intenzione di ricreare sotto la sua guida il giudicato di Arborea e, dicono alcuni, liberare tutta la Sardegna cacciando per sempre gli aragonesi, sicuro della adesione delle popolazioni locali che ormai avevano conosciuto lo sfruttamento feudale ed erano pronte anch’esse a sbarazzarsene.
La guerra divampò dal nord al sud. Al Nord gli esiti non furono favorevoli poiché non giunsero mai i rinforzi che il Duca di Milano aveva promesso; al Sud invece le forze del marchese occuparono castelli e vasti territori e si accingevano a raggiungere Castel di Calari. Nicolò Carroz, senza attendere l’attacco, raggiunse Barcellona e convinse il Re a procedere contro l’Alagon colpevole di fellonia che comportava la confisca dei feudi e la pena di morte.
Il viceré rientrò in Sardegna con il documento che da tanto tempo aveva richiesto insieme ad un forte contingente di armati; era il 1477.
Dalla Sicilia e da Napoli arrivarono altri soldati muniti di armi da fuoco e di cannoni che facevano del contingente un formidabile e quasi imbattibile strumento.
Leonardo fu costretto ad abbandonare Oristano ed a trincerarsi presso Macomer situata in altura e più facilmente difendibile, dati i numerosi strapiombi e pareti verticali difficilmente valicabili per gli attaccanti aragonesi. Ma l’artiglieria fece il miracolo seminando il panico tra i sardi e distruggendo avamposti e trincee nelle quali facilmente si incuneavano le masse aragonesi siciliane e napoletane.
Il marchese vista ormai perduta la battaglia e quindi la guerra, lasciò Macomer e raggiunse Bosa con i fratelli ed i figli, imbarcandosi su una nave che li avrebbe dovuti portare probabilmente in Corsica.
Il comandante del battello, invece, dopo aver immobilizzato l’illustre passeggero, cambiò rotta dirigendosi in Sicilia dove Leonardo fu arrestato e condotto a Barcellona; correva il 1478. I prigionieri furono rinchiusi nel Castello di Jativa a Sud di Valencia dove Leonardo De Alagon morì nel 1494, dopo 16 anni di prigionia.
I parenti verranno liberati in seguito, alcuni riabilitati altri costretti al “soggiorno obbligato”. In Sardegna il marchesato di Oristano e la contea del Goceano furono incorporati dalla corona e tutti i sovrani futuri aggiungeranno ai loro titoli anche questi e serberanno inconsapevolmente il ricordo di Leonardo De Alagon al quale mancò la fortuna, non il valore, per riuscire nel disegno di unificazione dell’isola.
Per concludere dobbiamo sottolineare che la rivolta dell’Alagon fu quella di un feudatario contro il suo sovrano e non quella di uno stato indipendente contro un altro. Il risultato in caso di successo sarebbe stato lo stesso, l’indipendenza dell’isola, ma giuridicamente la vittoria avrebbe sortito effetti nettamente diversi.