Nasce nel 1943 la recinzione lungo la via Roma che la dividerå per molti decenni dal porto
di Sergio Atzeni
Fino allo scoppio della seconda guerra mondiale la via Roma ed il porto sono collegati tra loro ed i cagliaritani frequentano, senza impedimenti, le banchine e passeggiano lungo i moli.
Gli eventi bellici e la progressiva militarizzazione della zona portuale e la necessaria vigilanza per la presenza di numerose unità della marina e di materiali accatastati nei depositi, impediscono ai cittadini di godere del lungomare, forse per propria scelta per stare lontani da una zona ritenuta pericolosa per le frequenti incursioni aeree, che per divieti delle autorità.
I tragici bombardamenti del 1943 riducono lo scalo marittimo ad un cumulo di macerie con gru abbattute, magazzini e la stazione marittima distrutti ed imbarcazioni affondate con le strutture superiori emergenti dall’acqua.
Questo è lo scenario che si presenta agli Alleati quando arrivano a Cagliari alla fine di quell’anno e assumono il controllo del porto.
La prima decisione è quella di costruire una recinzione intorno allo scalo per proteggere le imbarcazioni militari, le derrate alimentari ed i materiali, dei quali è previsto l’arrivo imminente.
I cagliaritani non vedono quella recinzione, grezza realizzata in filo spinato, come un impedimento al godimento del lungomare, in quanto la considerano provvisoria e legata alle esigenze del momento, ma si sbagliano.
Infatti, quella precaria divisione, sgradevole esteticamente, rimane fino al 1949 e tutti, da anni ormai, aspettano la sua rimozione e la riconsegna del porto alla città senza barriere.
Ma inaspettatamente, le autorità Doganali e della Capitaneria di porto, di concerto con quelle militari e di pubblica sicurezza, indicono una gara d’appalto, sulla base di otto milioni di lire, per la costruzione di una barriera, questa volta definitiva, formata da una cancellata con base in cemento che chiuderà stabilmente l’accesso allo scalo.
Immediate sono le reazioni e le ferme proteste della stampa, dei cittadini e delle autorità comunali guidate dal neo sindaco Pietro Leo; anche la
Soprintendenza ai monumenti scende in campo notificando al Provveditorato alle OO. PP. una delibera , risalente all’anno precedente, che sottoponeva a vincolo panoramico tutta la spianata del lungomare antistante la via Roma.
Però la costruzione della recinzione continua, così come le proteste della stampa e della amministrazione civica che lamenta, tra l’altro, che il progetto non sia stato sottoposto, com’è obbligatorio, al competente ufficio tecnico comunale.
La questione arriva anche in parlamento con delle interrogazioni di deputati sardi ai ministri competenti.
La risposta da parte del ministro della Marina Mercantile, per quanto di sua competenza, non tarda ad arrivare: “La costruzione di quella barriera è prevista da disposizioni centrali ed è ritenuta essenziale dalle autorità locali marittime, considerate le disagevoli condizioni dello scalo per i lavori attualmente in corso, che sarebbero una minaccia per la incolumità pubblica.
Non è possibile poi sottrarre la banchina di via Roma alla disponibilità delle navi che non avrebbero spazio per lo scarico delle merci. Non è escluso che alcune zone del porto potranno essere riaperte alla cittadinanza non appena ultimati i lavori.” Risposta quanto mai evasiva e promesse non mantenute, perché i cagliaritani per quasi mezzo secolo hanno visto, dalla via Roma, il mare attraverso le sbarre.
Solo negli anni ’90 quella barriera è stata trasformata e resa accessibile per cui i cagliaritani si sono riappropriati del loro porto facendolo rivivere come una volta.