I Savoia da re di Sardegna  a sovrani d’Italia

Vittorio Amedeo II fu il  primo sabaudo a fregiarsi del titolo di re  e primo sovrano piemontese della Sardegna, mentre si affrettò a visitare la Sicilia, suo primo regno, non ritenne opportuno fare altrettanto con la Sardegna così come faranno tutti i suoi successori: il primo a giungere nell’isola non certo per sua volontà, fu Carlo Emanuele IV nel 1799, costretto alla fuga a suon di cannonate da Napoleone.

 di Sergio Atzeni

La famiglia dei Savoia ha origini che risalgono al X secolo, i suoi domini in un primo tempo eretti a contea, erano dislocati nella regione omonima e la sua cultura era sostanzialmente francese.

Il primo personaggio storico del casato fu Umberto I Biancamano che tra il X e XI secolo fu conte della Savoia, i suoi discendenti con matrimoni e vincoli di parentela con le principali case regnanti europee, estesero i domini e ottennero quasi subito il Piemonte occidentale ma, dopo un periodo florido, nel 1233 il ducato venne diviso tra Amedeo IV che tenne la Savoia e il fratello Tommaso II al quale toccò il Piemonte.

Nel 1388 la contea di Nizza fu incorporata, per merito di Amedeo VII detto il Conte Rosso, nei domini dei Savoia che acquisirono così uno sbocco al mare.  Dopo due secoli, nel 1418,  avvenne  la riunificazione per merito di Amedeo VIII detto il pacifico che cercò di modernizzare il suo dominio con una saggia amministrazione centrale, premiato poi dall’imperatore Sigismondo del Lussemburgo  che elevò le sue terre al rango di ducato: Amedeo VIII fu quindi il primo duca di Savoia.

Il duca partecipò al concilio di Basilea dove venne eletto papa in opposizione a quello romano, col nome di Felice V in quel periodo del grande scisma, poi rinunciò alla carica e ottenne il titolo di cardinale.

Sempre nel XV secolo il duca Carlo I il guerriero consolidò i suoi possedimenti e ottenne anche i titoli simbolici di re di Cipro e di Gerusalemme, ma il ducato di Savoia era stretto tra le grandi potenze di allora Spagna, Francia e la grande famiglia degli Asburgo e la sua sopravvivenza era sempre in pericolo: i duchi dovettero giocare tutte le loro armi diplomatiche e delle parentele per salvare l’autonomia.

Il territorio sabaudo fu una zona di passaggio e di scontri, i francesi occuparono gran parte del ducato nel corso della guerra contro la Spagna, solo i servigi resi agli Iberici dal duca Emanuele Filiberto chiamato “Testa di ferro” riuscirono a salvare i suoi domini che in parte gli furono restituiti con la pace di Cateau Cambresis nel 1559, poi armato un suo esercito liberò Torino nel 1562 scacciando i Francesi e trasferendovi la capitale del ducato da Chambery: iniziò da allora il processo di Italianizzazione del piccolo stato fino a quel momento francofono e gli interessi si orientarono verso la penisola.

Ma una serie di duchi mediocri e le diatribe interne della famiglia fecero ricadere il ducato sotto l’influenza francese, solo nel XVIII secolo Vittorio Amedeo II con una politica di alleanze sapientemente alternate, sempre col più forte, e  per il comportamento del piccolo stato  in occasione della guerra di successione Spagnola che lo vide schierato al fianco dell’impero  Asburgico, ottenne nel 1713  la Sicilia e il tanto sognato titolo di re, poi con la solita benevolenza ma anche con  fermezza, nel 1720 le grandi potenze gli assegnarono in cambio  la Sardegna.

Fu uno scambio mal accolto e i Savoia pensarono sempre di liberarsi dell’isola e di barattarla al momento opportuno con altra terra più redditizia: solo la valanga napoleonica fece dimenticare questo progetto perché gli ex duchi rischiarono di perdere non solo la corona ma anche tutti i domini.

Vittorio Amedeo II, primo sabaudo a fregiarsi del titolo di re  e primo sovrano piemontese della Sardegna, mentre si affrettò a visitare la Sicilia, suo primo regno, non ritenne opportuno fare altrettanto con la Sardegna così come faranno tutti i suoi successori: il primo a giungere nell’isola non certo per sua volontà, fu Carlo Emanuele IV nel 1799, costretto alla fuga a suon di cannonate da Napoleone. Il sovrano non diede certo esempio di coerenza, infatti nel 1730 lasciò il trono al figlio  Carlo Emanuele III ma, poco tempo dopo, cercò di riprendersi la corona e il suo rampollo non esitò a tenerlo prigioniero nel castello di Rivoli dove morì.

Coinvolto, forse volutamente, nella guerra di successione Polacca, il sovrano scese in campo con Francia e Spagna  contro Russia, Austria e Prussia e riuscì ad occupare la Lombardia che gli fu sottratta nel 1738 con la pace di Vienna ad eccezione di Novara e Tortona.

Partecipò ancora alla guerra di successione  austriaca prima schierandosi con il pretendente al trono Carlo di Baviera poi con l’avversaria Maria Teresa d’Austria che ne uscirà vincitrice: confermava la tradizione familiare di grande maestria nella strategia dell’opportunismo che questa volta gli procurò, con la pace di Aquisgrana del 1748, Vigevano e Voghera. Carlo Emanuele III fu il promotore dell’insediamento dei Tabarchini di origine ligure nell’isola di San Pietro allora deserta, il cui centro principale fu chiamato Carloforte in suo onore, cercò di introdurre l’italiano in Sardegna e riformò le università di Cagliari e Sassari, tentò anche di limitare il potere dei nobili e dei feudatari con opportune riforme.

Gli successe nel 1773 il figlio Vittorio Amedeo III che attuò qualche piccola riforma, ma rivolse le sue attenzioni all’esercito e alle opere di difesa, mostrò anche il suo assolutismo condannando a morte sette Sassaresi rei di aver partecipato alla sollevazione contro il governatore della città Allì Maccarani.

Vittorio Amedeo III, dispotico incurante del pensiero del popolo, senza il minimo senso di democrazia  interessato solo al suo potere, non volle accogliere le richieste dei Sardi, peraltro banali  (i famosi cinque Punti) che si erano battuti al posto dei suoi soldati, contro i Francesi respingendoli, comportamento che causò la cacciata dei Piemontesi dalla Sardegna e delle pericolose sommosse oltre il tentativo non riuscito di liberare  l’isola  da parte di Giovanni Maria Angioy.

Vittorio Amedeo III morì nel 1796 lasciando il trono al figlio Carlo Emanuele IV  che vide le sue terre continentali invase da Napoleone nel dicembre 1798  che lo costrinse  a rifugiarsi in Sardegna nel febbraio 1799 dalla quale ripartì nel mese di settembre forse per stare più vicino al suo Piemonte.

Il sovrano, estremamente religioso e debole psicologicamente, non  attaccato al potere come i suoi predecessori,  lasciò la corona al fratello  Vittorio Emanuele I nel 1802 e si ritirò in convento.

Il nuovo sovrano aveva perso l’erede maschio, Carlo Emanuele, in tenera età nel 1799 proprio a Cagliari dove la sua famiglia si rifugiò, il suo regno fu caratterizzato dalla occupazione Francese  del Piemonte, egli pellegrinò per tutta Italia in attesa che le sue terre fossero liberate, poi decise di raggiungere, nel 1806, Cagliari dove rimase per otto anni durante i quali scoppiò una rivolta (di Palabanda) causata da una terribile carestia,  che soffocò nel sangue mandando a morte i promotori.

Nel 1814, finalmente Vittorio Emanuele, dopo la caduta di Napoleone poté rientrare a Torino liberata dagli alleati, dovette affrontare proprio in Piemonte un periodo di  moti, insurrezioni e ammutinamenti tesi a ottenere una costituzione, ma pur di non cedere abdicò in favore del fratello Carlo Felice.

Questi dovette affrontare le sommosse dei liberali e delle divergenze con Carlo Alberto che tenne la reggenza fino al suo insediamento durante la quale accettò le richieste dei rivoluzionari che non  furono riconosciute da Carlo Felice, allora il nuovo re ricorse alle potenze straniere per ristabilire l’ordine interno, morì nel 1831 e salì al trono Carlo Alberto del ramo dei Carignano forse imposto dalle solite grandi potenze.

Finalmente il nuovo re concesse lo Statuto, abolì il feudalesimo in Sardegna e permise la “Fusione”, si dedicò poi alla guerre d’indipendenza contro l’Austria che suo figlio Vittorio Emanuele II portò a compimento ottenendo l’unificazione degli stati Italiani e proclamando il “Regno d’Italia”.

Alla sua morte salì al trono Umberto I assassinato a Monza nel 1900 dall’anarchico Bresci. Diventò re suo figlio Vittorio Emanale III che permise la presa del potere da parte dei fascisti di Mussolini e fu coinvolto nella prima guerra mondiale, acconsentì alle leggi razziali e soprattutto all’ingresso nella II guerra mondiale che  mise in ginocchio l’Italia.

Abdicò in favore del figlio Umberto II che regno per un solo mese, maggio 1946, a giugno gli Italiani con il referendum scelsero la repubblica e l’ultimo re sabaudo lasciò l’Italia per recarsi in esilio.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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