Il re Umberto I e la regina Margherita  a Cagliari  nel 1899 per la posa della prima pietra del Palazzo Civico

L’arrivo, previsto per  l’11  aprile, viene rimandata al giorno seguente per il mare agitato la partenza da Civitavecchia del panfilo reale “Savoia”. Al suo ingresso nella rada del porto cagliaritano,  il Panfilo con i suoi preziosi ospiti sarà ricevuta, quasi come  avvertimento,  da una possente squadra navale francese con sei corazzate, sette incrociatori e sei torpediniere d’altura oltre a diverse unità minori

 di Sergio Atzeni

Il 4 dicembre 1996, il Consiglio comunale di Cagliari delibera la costruzione del nuovo palazzo civico da ubicare nell’angolo tra l’attuale largo Carlo Felice e la via Roma. La nuova sede è stata fortemente voluta dal sindaco Ottone Bacaredda che guida la Giunta cittadina il quale con lungimiranza capisce che per dare un impulso decisivo all’espansione di Cagliari sia necessario uscire dal mondo ristretto di Castello: lo spostamento del palazzo comunale è quindi una mossa urbanistica che rientra nel disegno più ampio che prevede l’espansione del centro urbano verso la pianura  alle sue spalle.

Il sindaco, forse da quel primo momento, si adopera affinché quel palazzo abbia dei padrini d’eccezione e, dopo l’approvazione del progetto e l’aggiudicazione dello stesso, quando tutto è pronto per l’inizio dei lavori il grande annuncio: la prima pietra del nuovo edificio comunale sarà posta dal re Umberto I e da sua moglie la regina Margherita.

Un clima di euforia pervade subito i cagliaritani e gli amministratosi pubblici che si danno da fare per dare alla città un aspetto degno delle auguste persone che nel mese di aprile del 1899 giungeranno in gradita visita. Cagliari, come tutta la Sardegna è economicamente in ginocchio, flagellata dalla malaria con le strutture agricole ed artigianali in crisi a causa delle inondazioni autunnali, della siccità estiva e degli incendi che mettono sul lastrico ogni anno decine di famiglie.

I collegamenti  marittimi con il resto dell’Italia sono costosi ed approssimativi così come i trasporti interni limitati da strade in abbandono ed infestate da briganti senza scrupoli: già molti cittadini si preparano ad emigrare per cercare all’estero il lavoro che è negato in patria.

Con questa situazione, è logico che i Cagliaritani e non solo, vedano nell’arrivo dei sovrani  un’occasione per ottenere qualche futuro beneficio e per far constatare al re la critica situazione sociale ed economica che il Governo del neonato regno d’Italia non era riuscito ancora ad affrontare se non con le inutili indagini ministeriali che non hanno portato mai beneficio pratico.

L’amministrazione cittadina e la popolazione tutta si mettono quindi in moto per abbellire la città. Le stanze del palazzo regio, che ospiterà la coppia reale, vengono ristrutturate ed arredate a nuovo, riempite di quadri, tappeti e preziose suppellettili, l’illuminazione pubblica viene rivista e sostituiti i vetusti  lampioni,  lastricate a nuovo le strade principali, rimosse macerie,  arbusti selvatici ed erbacce mentre, con  uno sforzo particolare, si restaurano i giardini ed il verde pubblico mettendo a dimora centinaia di nuove piante.

Due grandi pennoni dai quali sventolerà la bandiera italiana, vengono sistemati sulla sommità della torre dell’Elefante ed in quella di San Pancrazio. Anche i privati danno il loro contributo volontario per abbellire la città dipingendo facciate e poggioli, porte e finestre.

I principali edifici del centro e quelli storici, con uno sforzo gigantesco per le tecniche di allora, vengono illuminati con decine di potenti fari,  rari e costosi, per completare il tutto una pulizia straordinaria di tutte le strade e la manutenzione dei giardini compresa la potatura di centinaia di alberi.

A ridosso del porto si costruisce un grande palco per dare il benvenuto agli illustri ospiti che saranno ricevuti dalle massime autorità isolane e dal sindaco Bacaredda simbolo della città di Cagliari.

L’arrivo, previsto per  l’undici  aprile, viene rimandato al giorno seguente perché il mare agitato aveva sconsigliato la partenza da Civitavecchia del panfilo reale “Savoia”, al suo ingresso nella rada antistante il porto cagliaritano,  l’imbarcazione con i suoi preziosi ospiti sarà ricevuta da una possente squadra navale francese con sei corazzate, sette incrociatori e sei torpediniere d’altura oltre a diverse unità minori; anche una squadra italiana sarà in attesa dei sovrani per rendere gli onori. Finalmente la mattina del 12 aprile, il panfilo reale che è stato scortato durante la navigazione da 4 torpediniere italiane, entra nel porto di Cagliari e Umberto e Margherita di Savoia accompagnati dal capo del Governo Pelloux, sono ricevuti dalle autorità locali e dai deputati sardi Caboni Boi, Cocco Ortu e Merello mentre gli onori di casa vengono fatti dal sindaco Bacaredda e dalla consorte.

E’ una Cagliari diversa dal solito, raggiante e rimessa a nuovo quella che si presenta ai reali, l’aspetto esteriore è mutato radicalmente nel giro di qualche mese, niente immondizie per le strade, bandiere e drappi dappertutto e quando gli augusti ospiti mettono piede a terra  le salve di cannone delle unità militari e la marcia reale suonata dalla banda cittadina fanno rabbrividire le migliaia di persone che assistono all’evento.

“Quando vidi Cagliari, mi sentii tutto commuovere e di quel panorama, tra i più belli ch’io abbia mai visto, conserverò perenne ricordo.” Con queste parole Umberto I risponde al saluto del sindaco e tutti i presenti scoprono in un attimo la grande carica umana e la bontà d’animo del sovrano che vuole essere un semplice pellegrino che viene a visitare con umiltà la terra che ha dato una corona alla sua casata.

Dopo quelle parole, le persone che ripongono nella visita reale  molte speranze  per vedere almeno affrontati con energia gli spaventosi problemi di sottosviluppo della Sardegna, sono ottimiste e confidano nella influenza del re e del suo interessamento presso il Governo. Questa è un’occasione unica perché a Cagliari sono giunti ministri, alti funzionari dello stato, prefetti e gli inviati della  stampa italiana ed estera ed è ormai opinione comune che il re si farà interprete del disagio dei Sardi con la sua autorità e influenza costringendo l’esecutivo a tenerne  debito conto. Un interminabile corteo di lussuose carrozze sfila tra una folla applaudente lungo il largo Carlo Felice, via Manno, l’attuale viale Regina Elena e, attraverso la piazza San Pancrazio, giunge in castello nel palazzo reale, sede della provincia, sistemato a dovere per  ospitare dei sovrani. La folla staziona  in piazza Palazzo e una serenata con mandolino viene improvvisata: i sovrani si affacciano più volte per ringraziare la       folla,  colpiti da una accoglienza spontanea e così calorosa.

Il re riceve tutte le autorità cittadine il prefetto, l’arcivescovo, i magistrati, i rappresentanti dell’università,  si fa un’idea precisa degli enormi problemi visita anche Quartu, Iglesias e altri paesi, che completano il quadro della situazione e chiariscono le idee sia al sovrano che al Capo del Governo.

La grande serata mondana al teatro Margherita, dove viene messa in scena la Carmen di Bizet, è un’occasione per incontrare la “crema” di Cagliari e per sentire altre opinioni. Anche in quella occasione la folla intervenuta non smette di applaudire i sovrani che constatano l’attaccamento  dei Cagliaritani ai Savoia e all’Italia.

A molti non sfugge che la presenza delle unità transalpine potrebbe nascondere la volontà di dimostrare al re e al Governo Italiano la forza marittima francese.  Dal 1881, dopo che la Francia si era impadronita della Tunisia,  i rapporti con l’Italia  si erano deteriorati  provocando una guerra di protezione doganale e di boicottaggio dei reciproci prodotti, solo di recente la diatriba era rientrata  e, tutto sommato, la presenza di quella flotta poteva essere veramente un segno  dell’avvenuta riconciliazione e per rinsaldare l’amicizia tra i due paesi che avevano notevoli interessi nel Mediterraneo: forse una tacita intesa  e  un lasciapassare all’Italia per la conquista della Libia che avvenne anni dopo.

Anche per questo la visita del re Umberto assume una dimensione internazionale e travalica il fatto interno e viene collocata tra quegli avvenimenti il quale significato sfugge ai più ma che rivestono  fondamentale importanza per la politica di espansione futura dei due stati. Il comandante della flotta francese rende visita ai sovrani consegnando una missiva personale del presidente francese  che il sovrano ricambia visitando l’ammiraglia francese, la corazzata Brennus, dove è offerta una colazione in suo onore. Potrebbe trattarsi di fini approcci diplomatici, nascosti tra il significato mondano della visita. Umberto e Margherita assolvono poi il compito ufficiale per cui sono venuti e con una solenne cerimonia pongono la prima pietra del nuovo palazzo civico che presto sostituirà la vecchia sede di  piazza Palazzo.

E’ un fatto importante per la futura Cagliari, quel nuovo palazzo rappresenta la volontà degli amministratori di uscire dal quartiere Castello e dare un impulso alla crescita urbanistica della città che potrà contare su nuovi spazi ed estendersi verso la pianure che la circondano.

La permanenza dei sovrani, tra l’entusiasmo dei cittadini continua Bonaria, San Bartolomeo, ospedali, istituti di beneficenza sono visitati dagli illustri coniugi che assistono alla rappresentazione della  Manon in un teatro civico palesato a festa e a  una solenne funzione religiosa nella Cattedrale. Inaugurano poi la  gara provinciale di tiro a  segno, partecipano a banchetti, passeggiano per le strade del centro, fanno acquisti come normali cittadini e la regina non esita a vestirsi in costume sardo che mostra di apprezzare: i cagliaritani scoprono ancora una volta la semplicità e la simpatia dei sovrani e li sente più vicini e li stima sempre più. Come tutte le cose piacevoli che non durano per troppo tempo,  anche la permanenza di Umberto e Margherita di Savoia giunge al termine e il giorno 18  salgono sul treno diretti a Sassari, la folla è ormai oceanica, tutto il centro cittadino è bloccato, la gente non smette di applaudire, lo sbuffare del treno non si sente, tanto sono  forti le ovazioni e le grida di giubilo: ma proprio in quel momento  accade l’imprevedibile. Una ringhiera della stazione cede facendo precipitare, dall’altezza di 9 metri, numerose persone che rimangono ferite mentre uno sfortunato facchino perde la vita. I sovrani scendono dal treno e si precipitano verso il luogo della disgrazia per portare il loro conforto.

Nonostante il triste episodio la folla ricomincia ad applaudire. Una disgrazia  che non sminuisce l’importanza della visita e l’impressione di bontà e umiltà che i sovrani hanno lasciato nei Cagliaritani, un avvenimento che sarà ricordato per molto tempo e sarà motivo di un più profondo dolore, quando il re buono sarà tragicamente assassinato per mano di un anarchico solo l’anno seguente.

 

 

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