Nel 711 Malik attraversò lo stretto che porta ancora il suo nome, Gibilterra e con il suo esercito dilagò nella penisola iberica battendo i Visigoti ed assoggettandola.
La potenza bizantina fu costretta a rinunciare alle sue terre africane comprese nell’esarcato d’Africa, la Sardegna di conseguenza fu abbandonata a se stessa. In questa situazione gli arabi, partendo dalla Tunisia, si presentarono nelle coste sarde e fu il terrore
di Sergio Atzeni
Con la morte del profeta Maometto alla Mecca nel 632, gli arabi islamizzati iniziarono la conquista dei territori limitrofi per portarvi la nuova fede. In breve caddero i territori oggi occupati da Siria, Iraq, ed Egitto le cui popolazioni furono facilmente convertite; l’Islam avanzava senza trovare particolare resistenza.
L’ideale religioso giustificava ogni aggressione e le sottomissioni di interi popoli; per ogni credente la cosa più importante era la diffusione della vera fede e la conversione dei miscredenti.
Con questa convinzione i musulmani si affermarono in tutto il Medio Oriente e nell’Africa Mediterranea, preparandosi ad esportare il loro credo nell’Occidente tradizionale.
Nel 711 Malik attraversò lo stretto che porta ancora il suo nome, Gibilterra e con il suo esercito dilagò nella penisola iberica battendo i Visigoti ed assoggettandola.
La potenza bizantina fu costretta a rinunciare alle sue terre africane comprese nell’esarcato d’Africa, la Sardegna di conseguenza fu abbandonata a se stessa. In questa situazione gli arabi, partendo dalla Tunisia, si presentarono nelle coste sarde e fu il terrore.
Al 704 risale il primo assalto all’isola, che, data la sorpresa, fu sicuramente disastroso per i suoi abitanti.
I Musulmani si avvicinavano furtivamente con le loro imbarcazioni, guadagnando una spiaggia accessibile nelle vicinanze del luogo prescelto per il saccheggio e piombavano improvvisamente nei luoghi abitati distruggendoli e depredandoli. Portavano con sé il bottino razziato e gli abitanti catturati, quasi sempre giovani uomini e donne, uccidendo tutti gli altri. I prigionieri venivano poi venduti nei mercati di schiavi o avviati ai lavori pesanti per il resto della loro vita. I paesi costieri della Sardegna, dal 705 in poi, furono meta di scorrerie decine di volte, anche se la storia ce ne tramanda solo alcune. Gli abitanti terrorizzati si rifugiarono in zone interne, più sicure, abbandonando le coste che rimasero disabitate.
L’Islam applicava a quei popoli che si fossero arresi senza combattere la “Gizyah”, una sorta di tributo che si doveva pagare quale tassa per la mancata conversione.
La Sardegna, data la sua posizione, fu continuamente attaccata e non sappiamo se cedette alla Gizyah o se si difese solo con la fuga delle popolazioni, data l’inefficienza dell’esercito bizantino.
La situazione diventò insostenibile quando gli arabi tra l’836 e l’841 conquistarono la Sicilia e attaccarono le città pugliesi arrivando a saccheggiare Ancona; il sacco di Roma nell’846 consacrò i musulmani padroni del Mediterraneo.
Alcuni teorizzano la conquista anche della Sardegna, ma non si hanno prove né scritti che confermino questa ipotesi.
Sembra strano però che un esercito motivato e ben organizzato come quello arabo, non sia riuscito ad insediarsi stabilmente nell’isola, in pieno caos economico e politico e senza collegamenti con i bizantini, costretti a difendere il territorio continentale e non in grado di inviare navi con rifornimenti e soldati.
Le incursioni saracene provenivano anche dalla Spagna islamizzata e si intensificarono dopo la sconfitta di Poitiers nel 732, dove gli eserciti arabi furono sconfitti da Carlo Martello e costretti a rinunciare alla conquista dell’Europa centrosettentrionale.
Con la formazione dei Giudicati, si hanno poche notizie di incursioni saracene, anche perché, dopo il mille, le flotte delle repubbliche marinare controllavano il Mediterraneo.
Nel 1015 un forte contingente musulmano, partito da Denia, in Spagna, forte di 120 navi assalì la Sardegna, conquistandola e catturando una grande quantità di prigionieri, a capo vi era Mugiahid.
Il Papa Benedetto VIII, per fermare la massa musulmana, chiese alle potenze marinare di Pisa e Genova di intervenire.
La flotta delle due città sbaragliò quella islamica catturando il fratello ed il figlio di Mugiahid che dai cristiani fu chiamato Museto. Il tutto sembra essersi svolto nella zona nord occidentale dell’isola e quindi il giudicato interessato fu quello del Logudoro e di Arborea, ma non se ne ha la certezza.
Qualche fonte sostiene che Museto ritornò nell’isola tra il 1018 e il 1028 costruendo una città e stabilendosi, più tardi fu però costretto a ritirarsi per carestie ed epidemie che stavano distruggendo il suo popolo.
L’impresa di Museto fece conoscere l’isola ai pisani e genovesi e ai nobili che parteciparono alla cacciata dei musulmani ed iniziarono a frequentarla.
Anche le crociate, organizzate a partire dal 1095 per liberare la Terra Santa dall’Islam, contribuirono a far cessare gli attacchi all’isola, che intanto consolidava i propri Stati concedendo spazi a missionari e a Pisa e Genova che, per loro interesse, la proteggevano dal mare.
Ciononostante la storia ci riporta una incursione nel 1226, quando il Villaggio di Magomadas, presso Bosa, fu distrutto e saccheggiato ed i suoi abitanti rapiti e resi schiavi.
Intorno al 1500 le incursioni ripresero, ma cambiarono gli assalitori, non più i Saraceni con motivazioni religiose ma i barbareschi con soli fini di pirateria. I barbareschi erano stanziati nella costa nord africana che va da Tripoli fino a Tangeri, chiamata Berberia, di religione musulmana ma oramai dediti alle razzie e al commercio di schiavi.
La Sardegna spagnola in quel periodo, con la scoperta dell’America, veniva abbandonata a se stessa e nonostante la costruzione di torri costiere d’avvistamento le incursioni si fecero sempre più intense.
Si ebbero attacchi in Gallura, a Telti e a Teulada; nel 1428 e nel 1514 a Cabras che, data la sua posizione vicino ad approdi naturali, era costante meta di incursioni. La Sardegna, alla fine del 1500, era di nuovo isolata, i barbareschi padroni del mare la stringevano d’assedio e poche erano le navi che riuscivano ad entrare nei porti sardi.
Era il periodo dello strapotere del pirata “Barbarossa”, Bey di Tunisi e del signore di Tripoli Dragut, noti per la loro cupidigia e per la loro ferocia.
Nel 1514, una notte di novembre, i pirati assalirono Siniscola, uccidendo decine di persone e portandone via centinaia; il castello di Posada, a due passi, non aveva fermato i barbareschi, a dimostrazione di come ogni difesa fosse vana.
Le imprese dei predoni, alcune volte fallirono e la storia ci tramanda di una Galera catturata dai sardi nel 1520 nei pressi di Chia, il suo equipaggio catturato e venduto; e di una tempesta che distrusse numerose imbarcazioni in procinto di assalire S. Antioco, i marinai barbareschi catturati; nel 1540 otto galere naufragarono a Porto Pino ed i pirati che cercavano di salvarsi guadagnando la Spiaggia vennero massacrati e depredati di ogni loro avere e nell’occasione riacquistarono la libertà 800 schiavi cristiani che si trovavano prigionieri su quelle navi.
Nel 1535, il sovrano spagnolo Carlo V decise di intervenire contro questo flagello che impediva qualunque commercio nel Mediterraneo. Una grande flotta iberica attaccò Tunisi e la conquistò costringendo alla fuga il pirata Barbarossa.
Si ha notizia che però, nel 1546, Barbarossa in persona comandò l’attacco contro Uras che fu rasa al suolo e centinaia di suoi abitanti fatti prigionieri. Si narra che il figlio adottivo di Barbarossa, Hassan Aga, che difese eroicamente Algeri dalla flotta di Carlo V impedendone la caduta, fosse in realtà un pastore sardo rapito dai pirati in età giovanile ed entrato nelle grazie del Barbarossa che lo educò nominandolo prima comandante della flotta, poi Kaliffo di Algeri.
Bisogna dire che gli atti di pirateria non venivano compiuti solo dai turchi barbareschi, ma anche dai cristiani che attaccavano le coste arabe depredando i villaggi in nome della cristianità, ma in realtà mossi dalla sola cupidigia e dal commercio degli schiavi che rendeva bene anche nel mondo occidentale.
Nel 1720 la Sardegna passò ai Savoia ed i barbareschi continuarono ad assalirla, nonostante il numero considerevole di torri costiere e la loro migliore organizzazione rispetto al passato. Un nuovo elemento però, rese le incursioni barbaresche più pericolose, i rinnegati sardi, che per danaro si offrivano come guide, suggerendo ai pirati i luoghi più adatti allo sbarco ed i centri più convenienti da assalire.
Nel 1773 una flotta di pirati si piazzò nel Golfo di Cagliari depredando ogni imbarcazione che per sventura passasse nella zona. Ripetuti sbarchi e razzie tennero in ansia e disperazione anche gli abitanti di Quartu, Selargius, Elmas, Capoterra e Pula.