Per Giovanni Matteo De Candia arriva la svolta quando viene sentito cantare dal celebre compositore Meyerbeer che lo aiuta a studiare per perfezionarsi e lo fa debuttare nel 1838 come protagonista della sua opera “Robert le Diable”.
di Sergio Atzeni
Mario De Candia, il cui vero nome di battesimo e Giovanni Matteo, nasce a Cagliari nel 1810 in una famiglia agiata, il bisnonno qualche decennio prima aveva ricevuto il titolo di marchese.
A Cagliari in quel periodo è ancora fresco il ricordo della cacciata dei piemontesi del 1794, nonostante la presenza della corte reale costretta a fuggire dal Piemonte dai cannoni di Napoleone la fame e le ingiustizie sociali sono il problema da risolvere.
L’ignoranza e la mancanza di lavoro relegano la classe meno abbiente al semplice ruolo della sopravivenza, in questo quadro poco esaltante, il giovane Giovanni Matteo è avviato alla carriera militare e, all’età di 12 anni, è allievo del collegio militare di Torino.
Un salto enorme per il giovane cagliaritano che ha come compagni Alfonso della Marmora e Camillo Benso di Cavour e che ha modo di avvicinarsi alle idee liberali in voga allora.
A soli 19 anni è nominato sottotenente e viene trasferito a Genova dove conosce Ruffini e Mazzini e manifesta le sue simpatie per le idee repubblicane guadagnandosi il biasimo dei suoi superiori e, specialmente, di suo padre.
Considerato sovversivo lascia il Piemonte e raggiunge Parigi dove per sopravvivere si dedica al canto per il quale fin dall’infanzia ha una grande passione e una particolare predisposizione.
Per Giovanni Matteo De Candia arriva la svolta quando viene sentito cantare dal celebre compositore Meyerbeer che lo aiuta a studiare per perfezionarsi e lo fa debuttare nel 1838 come protagonista della sua opera “Robert le Diable”.
De Candia per non turbare la propria famiglia che non vede di buon occhio la sua carriera di cantante, prende come nome d’arte Mario e promette di non far conoscere nelle scene il proprio cognome né di cantare in alcuno stato della penisola.
Alla morte di Rossini nel 1868 non mantiene però la parola perché vuol rendere omaggio al celebre scomparso cantando in suo onore a Firenze in Santa Maria Maggiore lo “Stabat Mater” di Pergolesi del quale era stato il primo interprete.
Insieme a Giulia Grisi, che sposa nel 1839 e dalla quale ha sei figlie, si esibisce nei migliori teatri di allora che vanno da San Pietroburgo a Madrid, da Londra a Dublino, da Parigi agli Stati Uniti e al Canada.
Mario De Candia si guadagna negli anni gli apprezzamenti del pubblico e della critica con il suo ampio repertorio che comprende Rossini, Donizzeti, Verdi, Cimarosa e Mozart.
Raggiunge fama e ricchezza tanto da acquistare a Firenze la celebre e sontuosa villa Salviati che elegge a sua residenza per oltre vent’anni.
Rimane sempre legato agli ideali risorgimentali ed è fautore della Giovine Italia e della spedizione dei Mille che aiuta personalmente mettendo mano al portafoglio.
La sua squillante voce dopo tanti anni di sfruttamento si indebolisce e nel 1871 è costretto a ritirarsi dalle scene.
Il pubblico non lo dimentica per anni perché le sue esibizioni hanno fatto scuola per il tono della voce ma anche per la musicalità e per le interpretazioni originali dei personaggi.
Muore a Roma nel 1883 e, rispettando la sua volontà, riposa a Cagliari nella cappella di famiglia del cimitero di Bonaria.