Venne piu volte in Sardegna, nel 1826 pubblicò a Parigi il suo primo grande lavoro “Voyage en Sardaigne” che conteneva le sue osservazioni, le statistiche, le ricerche sulla natura e sul patrimonio archeologico della Sardegna.
di Sergio Atzeni
Dopo una traversata di 12 giorni arrivò a Cagliari, per la prima volta, nel febbraio del 1819. Voleva dedicarsi agli studi di ornitologia e praticare la caccia che affascinava non poco i militari di professione come lui.
Nacque a Torino il 27 aprile del 1789 da una famiglia dell’aristocrazia piemontese, tra i suoi parenti annoverava un viceré di Sardegna, Filippo Ferrero Della Marmora in carica dal 1773 al 1777. Quando il Piemonte fu incorporato nella Francia napoleonica entrò nella scuola militare di Fontainebleau dalla quale ne uscì nel 1807 col grado di sottotenente di fanteria.
Partecipò a varie campagne dell’esercito francese tra le quali quella d’Austria e si guadagnò una medaglia sul campo nella battaglia di Bautzen, con la caduta di Napoleone ed il ritorno dei Savoia in Piemonte, Vittorio Emanuele I lo integrò nell’esercito con il grado di capitano dei granatieri.
Nel 1821, sospettato di partecipazione ai moti liberali, fu “invitato” a mettersi in disparte e raggiungere al più presto la Sardegna. Giunse a Cagliari per la seconda volta nel 1822 e, nonostante il forzato esilio, si sentì a casa propria tanto era innamorato dell’isola. Nel 1825 fu richiamato in servizio con l’incarico di addetto allo Stato Maggiore del viceré ed ebbe così modo di approfondire gli studi iniziati nel 1819.
Tornò ripetutamente in Sardegna fino al 1857 ed in questi quarant’anni vi soggiornò per oltre 13; fin dal 1826 lavorò sulla carta geografica dell’isola che gli diede grande notorietà. Con la sua attrezzatura girovagò per le contrade prendendo appunti ed effettuando misurazioni topografiche.
Nel 1826 pubblicò a Parigi il suo primo grande lavoro “Voyage en Sardaigne” che conteneva le sue osservazioni, le statistiche, le ricerche sulla natura e sul patrimonio archeologico della Sardegna. La seconda edizione dell’opera risultò più organica in quanto ripartita in tre tronconi con trattazioni ampliate e corredate dalle pagine del noto Atlante e così suddivisa: Geografica fisica e umana della Sardegna pubblicata nel 1839; Antichità del 1840; Geologia del 1857. Un’opera immensa dalla quale traspare il grande entusiasmo, la competenza e il sagace senso dell’osservatore che lo portò a cogliere anche gli aspetti a prima vista insignificanti. Come quarta parte di questo grande lavoro fu aggiunto nel 1860 “L’Itineraire de l’ile de Sardaigne”, che incontrò il favore del pubblico e che il canonico Giovanni Spano suo amico personale, curò la traduzione nel 1868 col titolo di “Itinerario dell’isola di Sardegna del Conte Alberto Ferrero Della Marmora”.
Nel 1849 Della Marmora fu nominato commissario straordinario della Sardegna con pieni poteri; il 17 agosto 1851, andò in pensione e si dedicò solo all’attività parlamentare come senatore del regno, continuando gli studi con la Sardegna sempre al centro delle sue attenzioni. Il suo modo di vivere, gli stenti nei lunghi viaggi nell’isola, i pernottamenti disagiati e spesso all’aperto, gli causarono dolori e acciacchi che minarono il suo fisico portandolo alla morte il 18 maggio del 1863.
Oggi, leggendo le sue opere, si intuisce la grande passione e l’amore che questo straordinario uomo ebbe per la Sardegna, con le sue descrizioni entusiaste degli abitanti e delle tradizioni, dei luoghi e delle città.
Non dimentichiamo il salvataggio della Grotta della Vipera, già minata e pronta a saltare, della misurazione del punto più alto del Gennargentu che porta il suo nome, della constatazione dell’abbandono totale in cui versava la Sardegna con il famoso aneddoto del Sindaco di un paese dell’interno che, intorno al 1850, contestando un provvedimento del governo, minacciò di scrivere una lettera di protesta al Re, a Madrid. Riconobbe e schizzò decine di monumenti “antichi” cercando di collocarli storicamente, fu mirabile nelle descrizioni dei paesi e delle città come luoghi resi vivi dagli abitanti con le loro caratteristiche e le loro usanze.
Leggendo la descrizione che ci dà di Cagliari sembra di rivederla e di rivivere quei lontani anni all’inizio del 1800.
Questa la descrizione di Cagliari in occasione della sua prima visita nel 1819: “Situata a mo’ di anfiteatro sulle pendici di un colle, fiancheggiata da due grandi stagni e bagnata da una parte dal mare, mentre l’altra comunica con una immensa pianura che si prolunga a perdita d’occhio in direzione nord-ovest, la città di Cagliari offre, a chi arriva dal mare, una vista allo stesso tempo piacevole e imponente, nonostante il colore bianco giallastro della roccia calcarea e una specie di aridità africana, che le dà un aspetto molto particolare. Subito dopo il mio sbarco la città ‘africana’ si dissolse e assunse ai miei occhi una fisionomia più spagnola che genovese”.
Della Marmora, da acuto osservatore, coglie la particolare abitudine, tutt’oggi in auge in alcuni quartieri, di stendere i panni sulla strada e così si esprime: “Ciò che mi colpì nelle strade di Cagliari, poiché ancora non ne conoscevo l’utilizzo, fu la grande quantità di corde sospese da un balcone all’altro, ai due lati della via e, qualche volta anche tra i balconi di due case affiancate: risolsi l’enigma molto presto, nei giorni in cui si ha l’abitudine, in città, di stendere la biancheria all’aperto. In giorni più o meno fissi della settimana, corrispondenti a quelli successivi per il bucato, cominciato quasi sempre il lunedì, si vedono ondeggiare al vento, sulla testa dei passanti, delle lenzuola stese in successione una dietro l’altra, assolutamente simile agli scenari, o alle tele dipinte dei teatri. Il candore e soprattutto il numero più o meno grande di riparazioni e di rappezzature che vi si possono contare, sono in ragione inversa dell’agiatezza delle famiglie che le espongono agli occhi dei passanti”.
Una descrizione della dura realtà che consacrò Della Marmora come il cronista “sardo” per eccellenza.
Dopo 170 anni auspichiamo che altri personaggi descrivano e propagandino la nostra realtà e le nostre tradizioni, contribuendo a far vendere il prodotto Sardegna che rimane l’ultima risorsa per un futuro economico migliore. Siamo sicuri che anche Alberto Ferrero Della Marmora sia d’accordo.