I resti di un monumento nuragico sono stati riconosciuti alla base della torre spagnola del colle di S. Giovanni (n. 20); altri due nuraghi si trovano sul Capo S. Marco, uno, detto Baboe Cabitza, nella parte più alta del promontorio, l’altro presso l’insenatura di Sa Naedda. Guardate il servizio video
di Sergio Atzeni
La città di Tharros, ubicata all’estremità meridionale della Penisola del Sinis, venne fondata alla fine dell’VIII sec. a.C. da genti fenicie in un’area già frequentata in età nuragica.
Su una delle tre colline su cui sorge la città, la più settentrionale, nota con il nome di Su Murru Mannu è visibile ancora oggi un importante villaggio nuragico sicuramente già abbandonato al momento dell’arrivo dei Fenici. Due nuraghi si trovano sul Capo S. Marco, uno, detto Baboe Cabitza, nella parte più alta del promontorio, l’altro presso l’insenatura di Sa Naedda.
Non si conosce l’esatta ubicazione dell’abitato fenicio, in questo periodo sono in uso contemporaneamente due necropoli, ubicate a una distanza di qualche chilometro con semplici fosse scavate nella sabbia o nella roccia affiorante.
Nella città esisteva anche il tophet, luogo di sepoltura dei fanciulli nati morti o a quelli deceduti prematuramente dove si sono recuperate circa 5000 urne e oltre 300 steli.
Nel periodo compreso tra la fine del VI secolo e il 238 a.C., anno della conquista romana dell’isola, vengono costruiti numerosi edifici che ancora in parte si conservano sotto quelli di età successiva.
Il centro aveva imponenti mura fortificate e un importante quartiere artigianale specializzato nella lavorazione del ferro.
All’età punica sono da riferire alcuni tra i più importanti luoghi di culto di Tharros, tra cui il cosiddetto tempio monumentale o “tempio delle semicolonne doriche”. una struttura in parte risparmiata nel bancone naturale di roccia.
Dalle tombe di Tharros provengono numerosi manufatti (ceramiche, terrecotte, gioielli, amuleti, scarabei) che oggi si trovano custoditi presso i maggiori musei sardi, italiani e stranieri.
Con la conquista romana dell’isola nel 238 a.C., inizia un profondo cambiamento, le fortificazioni vennero rifasciate con grossi massi in basalto e creato un fossato.
In età imperiale il centro viene risistemato attorno al II secolo d.C. le strade vengono dotate di una pavimentazione in basalto e viene realizzato un sistema fognario e realizzati tre impianti termali nella parte centrale della città. Fu costruito anche un acquedotto con il castellum aquae dove veniva conservato il prezioso liquido con davanti una fontana monumentale
Le aree funerarie romane appaiono più estese con tombe ad inumazione e a incinerazione lungo l’intera fascia costiera tra il Capo S. Marco e il villaggio di S. Giovanni.
.In età paleocristiana e altomedievale le principali strutture pubbliche romane subiscono delle modifiche. In particolare le terme vengono annesse ad un complesso cultuale cristiano.
Il continuo spoglio nei secoli delle strutture antiche, ha pregiudicato la ricostruzione del periodo paleocristiano e altomedievale periodo di indubbia decadenza dovuta anche alle incursioni dei musulmani con un progressivo spopolamento fin quando Tharros decadde e Oristano divenne anche capitale del giudicato di Arborea