Il 16 luglio 1720 a bordo di una nave inglese arrivò a Cagliari il primo Viceré Piemontese, Guglielmo Pallavicino Barone di Saint Remy, inaugurando una lunga serie di funzionari. Nella foto il primo re sabaudo del regno di Sardegna Vittorio Amedeo II
di Sergio Atzeni
Nel 1700, con la morte del re spagnolo Carlo II e la lotta per la successione tra Carlo D’Asburgo e Filippo di Borbone la Sardegna diventò asburgica e Cagliari fu testimone del passaggio agli austriaci insediatisi nel 1708 grazie ad un bombardamento della flotta anglo-olandese su Cagliari che si arrese.
Il breve governo filo asburgico della città e dell’isola portò altre tasse, necessarie per le crescenti spese belliche, mentre Filippo V di Borbone riportò alcune significative vittorie e fu favorito dalla morte dell’imperatore Giuseppe il fratello di Carlo III.
Carlo diventò infatti imperatore col nome di Carlo VI, ciò impensierì le potenze europee che prevedevano un suo strapotere pericoloso e preferirono riconoscere re di Spagna Filippo V in cambio del Regno di Sicilia da cedere ai Duchi di Savoia e di Gibilterra e Minorca agli inglesi.
Tutto ciò fu perfezionato con la pace di Utrecht nel 1713.
Cagliari intanto stava a guardare e assistette con meraviglia al ritorno imprevisto degli spagnoli nel 1717, che sbarcarono in territorio di Quartu un contingente di 8500 fanti che su attestarono nei pressi di Monte Urpinu cannoneggiando la città e costringendo gli asburgici ad arrendersi.
Il colpo di mano spagnolo, violando palesemente gli accordi internazionali, fu ispirato dal cardinale Alberoni, stretto consigliere della moglie di Filippo V, Elisabetta Farnese.
Le potenze europee, ora riunite in una quadruplice alleanza, decisero con l’accordo di Londra di restituire la Sardegna a Carlo VI il quale ottenne di scambiarla con la Sicilia dei Savoia, per avere una continuità con i territori napoletani già sotto il suo dominio.
Il 16 luglio 1720 a bordo di una nave inglese arrivò a Cagliari il primo Viceré Piemontese, Guglielmo Pallavicino Barone di S. Remy, inaugurando una lunga serie di funzionari.
Cagliari fu, ancora una volta, al centro delle vicende che interessarono la Sardegna e ne subì i risvolti negativi: fu infatti sempre la prima ad assistere ai “cambi di guardia” e ricevere suo malgrado i nuovi governanti di turno.
Cagliari, dopo quattro secoli di cultura iberica, entrò definitivamente nell’orbita italiana, diventando inconsapevolmente la prima capitale storica del futuro regno d’Italia.
Con i piemontesi nulla cambia
I piemontesi non cambiarono nulla, come imposto dalle grandi potenze, lasciando inalterati sia i diritti che le prerogative feudali e i Savoia, nonostante la corona finalmente acquisita, evitarono la visita dell’isola fino a quando ne furono costretti dalla occupazione napoleonica del Piemonte nel 1799.
Cagliari, vide nuovi funzionari, nuovi nobili e nuovi edifici di gusto tutto piemontese e cercò di adattarsi, senza però rinunciare alle proprie tradizioni, alla lingua e alla dignità.
Con la rivoluzione francese e il tentativo di esportazione delle nuove idee giacobine, una flotta francese si presentò nel 1793 nel golfo di Cagliari che dopo inutili trattative per una resa iniziò a cannoneggiare la città. Un forte contingente di soldati sbarcò nella spiaggia di Quartu e marciò verso il capoluogo ma fu respinto, inspiegabilmente, dagli stessi miliziani sardi: i transalpini ipotizzarono invece una resa senza combattere e una accoglienza da liberatori.
Sperando di ottenere qualcosa da quel comportamento leale verso i governanti piemontesi, alcuni signori locali tentarono di ottenere delle concessioni dal re tra le quali la riunione degli stamenti almeno ogni dieci anni e la possibilità di accesso per i sardi a cariche pubbliche.
Se si pensa che il parlamento formato da tre bracci o stamenti aveva solo il “dovere” di confermare il donativo al re, se ne può dedurre come la richiesta fosse banale e non certo rivoluzionaria. Con ciò il sovrano sabaudo evitò di ricevere la delegazione recatasi a Torino che attese per mesi di essere ricevuta. Alcuni notabili cagliaritani, costatata la mancanza di dialogo con il sovrano, decisero l’insurrezione che in breve portò alla cacciata di tutti i piemontesi dall’isola, il 29 aprile 1794. Quel giorno, è stato proclamato festa regionale col nome de “Sa Die de Sa Sardigna”.
Nel 1799, come già accennato, arrivarono a Cagliari la corte e il sovrano e la provincialità della città sembrò venire meno: ma le cose non cambiarono anzi nuove tasse furono imposte per sostenere le spese della corte non avvezza certo al risparmio.
Nel 1812, una nuova sommossa, la congiura di Palabanda, scoppiò a Cagliari proprio per la fame e la grande carestia ma fu soffocata nel sangue.